Quando parliamo di Dolomiti Contemporanee utilizzare il termine “progetto” ci sta decisamente stretto perchè Dolomiti Contemporanee è molto di più.
DC si può definire come una sorta di arrampicata culturale, una “modalità alpinistica” attraverso la quale è possibile smembrare il concetto di Patrimonio e di Eredità rendendo vivi luoghi rimasti silenziosi ed immobili per anni. Ma come? Attraverso pratiche temporanee e trasformative.
Cultura infatti è anche saper muovere gli spazi e non un termine tracotante utilizzato per la statica gestione di un patrimonio o “scatole vuotE”. DC è una visione in essere, un vettore culturale in grado di riprocessare paesaggi e risorse attraverso il contemporaneo.
Se i luoghi rivivono, il territorio acquisisce nuova linfa, lavoro, identità, cultura e sviluppo.
“Dolomiti contemporanee è un riconfiguratore spaziale, e concettuale, che opera attraverso l’arte e la cultura contemporanea. Le Dolomiti sono lo spazio, fisico e concettuale, a cui si è deciso di applicare uno sguardo critico, riattivatore (l’approccio critico è riattivatore)”
Era il 2011 e Gianluca D’incà Levis faceva il curatore, a Venezia. In quell’anno i “Monti pallidi” venivano dichiarati Patrimonio dell’Umanità. Ma cosa significa patrimonio? Gianluca è partito proprio da qui, da una domanda e da una domanda ha creato Dolomiti Contemporanee.
Si è parlato molto di Patrimonio e di cosa effettivamente significhi. Partendo da questa base Gianluca ha letteralmente preso in mano siti paralizzati in una memoria che fino ad allora non aveva innescato un processo rigenerativo. Dei fantasmi pesanti, silenziosi come il Villaggio Eni a Borca di Cadore o il Nuovo Spazio di Casso. Fantasmi all’interno dei quali, pratiche affrontate attraverso l’arte contemporanea, possano fungere realmente come mezzo salvifico e non un la restituzione di un semplice esercizio di stile.